Scorci di Firenze

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Le Pietre del Sacro Sepolcro 2° puntata: “Lo scoppio del carro” Stampa E-mail

Leggi qui la prima parte di questa storia:

Una chiesa antica, custode delle “Pietre del Santo Sepolcro”

Quando Pazzino dei Pazzi fece ritorno dalla crociata, che aveva riportato la Città Santa nelle mani della cristianità, fu accolto con tutti gli onori dovuti ad un condottiero vittorioso.

Era riuscito non solo a tornare a casa salvo, ma aveva portato con sé anche una reliquia preziosissima e un nuovo stemma che attestava la gloria guadagnata sul campo; lo stesso stemma del comandante dell’esercito crociato Goffredo IV, duca di Buillon della Bassa Lorena.

La tradizione ci racconta che il comandante Goffredo di Buglione a eterno riconoscimento per essere salito per “primo” sulle mura nemiche ed aver sventolato il vessillo crociato, onorava Pazzino dei Pazzi, concedendogli il privilegio di adottare le proprie insegne, due delfini d’oro in campo azzurro con cinque croci d’oro sparse.

Sormontava lo stemma una corona murale, che consisteva in una corona merlata da piccole torri: una tradizione degli antichi romani, i quali fregiavano di questo simbolo coloro che durante l’assedio erano riusciti, per primi, a conquistare le mura nemiche.

A Gerusalemme, dopo essere stata liberata dai crociati, aveva luogo, il Sabato Santo, la cerimonia del “Fuoco Benedetto”, ancora oggi in uso.


La cerimonia: Nella vigilia di Pasqua, durante il Vespro della sera del Grande e Santo Sabato, il Patriarca Ortodosso di Gerusalemme, o in sua impossibilità un altro Vescovo Ortodosso, entra nel Sepolcro con le candele spente, dopo aver tolto tutti i paramenti eccetto lo sticario, senza mitra e prega davanti alla Tomba. Subito o dopo qualche ora di preghiera, sul marmo che ricopre la lastra del Sepolcro Glorioso appaiono misteriosamente scintille come perline o gocce luminose. Il Patriarca raccoglie queste gocce di Fuoco con l'ovatta e accende le candele. In un istante il Fuoco s'è propagato nella chiesa.( www.mariadinazareth.it).

 


 


Questa cerimonia venne introdotta anche a Firenze come racconta Giovanni Villani nella “Cronica Nuova”:

E feciono fare le fonti del battesimo in mezzo del tempio ove si battezzavano le genti e' fanciulli, e fanno ancora; e 'l giorno di sabato santo, che si benedice ne le dette fonti l'acqua del battesimo e il fuoco, ordinato che·ssi spandesse il detto fuoco santo per la città a modo che si faceva in Gerusalem, che per ciascuna casa v'andasse uno con una faccellina ad accendere. E di quella solennità venne la dignità ch'hanno la casa de' Pazzi de la grande faccellina, intorno fa di CLXX anni dal MCCC anni addietro, per uno loro antico nomato Pazzo, forte e grande della persona, che portava la maggiore faccellina che niuno altro, e era il primo che prendea il fuoco santo, e poi gli altri da lui.


Quindi anche a Firenze veniva e viene acceso il “Fuoco Sacro”, ma con che cosa?

Con le “Pietre Sacre del Santo Sepolcro”, portate dal cavaliere Pazzino dei Pazzi.

Le pietre venivano esposte a venerazione pubblica la mattina del Sabato Santo in una cappella (solitamente erano custodite nelle case dei Pazzi), poi dallo sfregamento di queste pietre si sprigionavano scintille che accendevano il fuoco sacro.

I primi, ovviamente a ricevere il fuoco erano i Pazzi, che lo distribuivano poi ai vari fedeli in preghiera, i quali in processione cantando laude portavano ognuno il proprio fuoco a casa per riaccendere il focolare domestico.

Le pietre vennero dopo molti anni consegnate dalla casata alla chiesa di Santa Maria sopra Porta, rinchiuse in un tabernacolo di marmo ed utilizzate sempre per accendere il Cero Pasquale che veniva poi portato nella cattedrale di Santa Maria del Fiore, il Sabato Santo.

Dalla fine del Trecento, La Famiglia dei Pazzi andava a prendere il fuoco santo con un “Carro” da cerimonia, con il quale trasportava i carboni ardenti del fuoco sacro sopra un tripode, fino al Battistero.

Il carro era inizialmente molto più semplice di quello attuale, ed a causa delle vampate che sopportava ogni anno, a cerimonia avvenuta doveva essere quasi del tutto ripristinato (tutto a spese dei Pazzi fino al 1859 quando scomparve l’ultimo discendente della casata). Parve quindi giusto ai Pazzi allestirne uno molto più solido ed imponente che dovesse durare per sempre. Fu dunque costruito il grande carro del tipo "Trionfale” che da due secoli, se pur più volte restaurato, gode di ottima salute.

I fuochi di questo carro vengono incendiati da una colomba o, come si dice a Firenze, dalla "colombina" la quale altro non è che un razzo dalle sembianze di un bianco piccione, che corre su una corda. L'antica festa ha sempre richiamato una gran folla di gente e specialmente contadini dalla campagna fiorentina, che traevano gli auspici per il raccolto dal felice esito della corsa della colombina sulla corda, che doveva svolgersi senza alcun intoppo.

Il carro del fuoco pasquale, detto affettuosamente dai fiorentini "Brindellone", si muove, oggi come allora, dal piazzale del Prato trainato da due paia di buoi infiorati ed arriva al solito posto, in Piazza del Duomo, tra il Battistero e la Cattedrale. Inizia poi con fragore lo scoppio assordante e, sia pure in maniera simbolica, la distribuzione a tutta la città del fuoco benedetto.

 


 

 


Le “pietre” e il “portafuoco” quattrocentesco, rimasero nella chiesa di Santa Maria sopra Porta fino al 27 maggio del 1785, quando l’edificio sacro venne soppresso.

Le pietre ed il portafuoco vennero allora ospitate nella chiesa dei Santi Apostoli e Biagio dove è possibile vederle, custodite all’interno di una teca protetta da un’inferriata.

Questa tradizione ha la bellezza di 900 anni e tutt’oggi il rito viene eseguito secondo tradizione, con lo sfregamento delle pietre che producendo alcune scintille, con l’aiuto di un po’ di benzina miscelata appositamente per l’evento, accendono il fuoco sacro che viene portato in battistero, accompagnato in processione da alcuni esponenti, “tutori” del fuoco e del portafuoco e dal Vescovo di Firenze, fuoco che servirà infine ad accendere la miccia del “Carro”.

 

 

 

Concludo questo articolo, con le parole di un grande scrittore fiorentino, Aldo Palazzeschi, considerato uno dei più grandi poeti del ‘900, che osservando l’avvenimento dal vivo disse:

 

"Il rito rappresenta la benedizione del fuoco. L'Arcivescovo si reca la mattina nella più antica chiesa della città, quella dei SS. Apostoli dove si conserva il fuoco benedetto, ivi lo prende per portarlo all'altar maggiore del Duomo, da dove la colombina in forma di piccione, la colombina famosa, si parte lungo un filo per andare ad accendere il carro sulla piazza davanti alla porta centrale; e sempre schizzando fuoco dalla coda ritorna all'altar maggiore.
Il vecchio carro... tirato da tre paia di buoi infioccati e adornati di specchi per la solennità, tra una gazzarra urlante di monelli, lentamente e traballando se ne viene fin sulla piazza fra il Battistero e la Cattedrale. Per il suo incedere lento e dinoccolato il popolo lo chiama "brindellone". A mezzogiorno, quando la Messa è al "Gloria in excelsis Deo", un pompiere salta su una scaletta simile a un gatto, e senza dare il tempo di accorgersene appicca il fuoco alla colombina che per due volte striscia infuocata lungo tutta la chiesa sopra la folla rumoreggiante. Dalla riuscita più o meno perfetta del suo volo si traggono i pronostici di fortuna o di disgrazia per l'anno corrente".

L'attuale liturgia colloca la celebrazione della Resurrezione non più al Sabato Santo, ma alla Domenica di Pasqua. Durante la Messa pasquale, al Gloria, il sacerdote usando il fuoco benedetto accende prima il Cero Pasquale e subito dopo un razzo a forma di colombina che scorrendo sopra un cavo d'acciaio va ad incendiare i fuochi sul carro.

Una buona occasione per grandi e piccini.

 

Autore: Gianni Mafucci

 

 
Firenze e la Toscana segrete, curiosità, storia, luoghi insoliti da visitare, angoli nascosti e storie poco conosciute. Articoli originali scritti e documentati, per vivere itinerari fuori dal comune in una delle città più belle al mondo e in una regione tutta da scoprire, al di là delle rotte più convenzionali.