Scorci di Firenze

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La cupola del Brunelleschi: una maledizione chiamata fulmine. Stampa E-mail

Oggi scopriremo come gli eventi celesti possano lasciare un segno permanente nel ricordo urbanistico della città di Firenze.

Un terremoto, un’inondazione, una siccità prolungata ed altri accadimenti meteorologici erano vissuti dalla popolazione come fenomeni punitivi; cioè nelle subculture del tempo dove le spiegazioni scientifiche erano ancora in divenire, tutto quello che era ignoto trovava unica spiegazione nella religione, l’unico verbo a cui si riconosceva l’infallibilità, data proprio dalla sacralità che toglieva il grande impiccio di una sensata esperienza e di una necessaria dimostrazione.

Vi mostrerò come alcuni accadimenti minarono in continuazione una delle opere umane più geniali, ancora oggi di difficile interpretazione, la grandiosa costruzione della Cupola di Santa Maria del Fiore, progettata e portata a termine in soli 16 anni (esclusa la lanterna) da uno degli architetti più grandi della storia, Filippo Brunelleschi.

Si narra che lo stesso Michelangelo, prima di partire per il suo viaggio a Roma, volgendosi verso il Cupolone (come viene chiamato dai fiorentini) abbia pronunciato questa frase, riferendosi alla cupola di San Pietro, che di lì a poco avrebbe iniziato a costruire: «Io farò la sorella, più grande già; ma non più bella.».

Duomo di Firenze e cupola del Brunelleschi

Geniale il nostro Filippo se si pensa che l’intera cupola fu costruita senza utilizzare alcuna centina, cioè senza nessuna struttura lignea a cui appoggiare la parte in muratura. Per darvi piena coscienza di questo immane lavoro vi snocciolerò alcuni numeri, ma promettetemi di non spaventarvi!!!

La sua base d’imposta si trova a circa 55 metri dal suolo, la lanterna è alta 21 metri, il tamburo misura 13 metri e l’altezza della Cupola è, in media, 34 metri. L'elevazione totale dell'intera struttura, compresa la palla dorata e la croce che la sormontano, è di metri 116,50. Il peso della cupola è calcolabile in 37.000 tonnellate. Si calcola che per la costruzione siano stati impiegati oltre quattro milioni di mattoni.

È la cupola più grande mai costruita senza l'impiego di centine per sostenere la muratura. Per arrivare in cima alla terrazza della cupola che fa da base alla lanterna dobbiamo percorrere ben 463 scalini, che permettono durante il percorso di osservare da vicino l’interno della cattedrale e soprattutto uno dei cicli pittorici più grandi al mondo (3600 metri quadri) che ricopre le volte interne della cupola, opera del Vasari e di Federico Zuccari ed il tema trattato è il Giudizio Universale, diviso in due parti, una con immagini del Paradiso l’altra con quelle infernali molto realistiche e terrificanti. Inoltre durante la salita abbiamo la possibilità di vedere la struttura interna della cupola e carpirne alcuni segreti, come per esempio la presenza di due calotte di copertura, giustificate dallo stesso Brunelleschi con queste parole:

“Fassi un’altra cupola di fuori sopra questa per conservarla dall’umido, e perché torni più magnifica e gonfiante.”

Avete capito bene cari viaggiatori, il problema era stata l’estrema difficoltà nella distribuzione del peso di questa immensa cupola.
Paola Rapelli in un suo articolo (Filippo Brunelleschi - Cupola di Santa Maria del Fiore) dice a proposito della distribuzione del peso:

Le pareti delle calotte risultano leggere grazie alla disposizione dei mattoni a spina di pesce, modo di murare che l’architetto aveva appreso dagli edifici antichi romani. I pesi sono inoltre distribuiti nelle singole vele trapezoidali, tenute unite da otto costoloni esterni e da 24 sproni rampanti interni, secondo la tecnica gotica.

 

Rara foto di una tegola della cupola

 

Un ultimo cenno breve per concludere la parte nozionistica lo dedichiamo alla parte finale della Cupola, la lanterna. La lanterna fu un progetto del Brunelleschi anche se ne gettò solo le basi, fermato dalla morte avvenuta nel 1446; il progetto fu portato avanti da Antonio Manetti e completato il 23 aprile del 1461. Infine mancava oramai solo la palla di rame dorata sormonta da una croce, che fu realizzata dal Verrocchio del peso di 4368 libbre; ci dà notizie di questo fatto Luca Landucci storico dell’epoca nel suo “Diario Fiorentino”:

E a dì 27 di maggio 1471, si tirò su la palla di rame dorata in su la lanterna della cupola di Santa Maria del Fiore, in lunedì.

E a dì 30 detto, posorono la croce in su detta palla, e andorovi su e calonaci e molta gente, e cantoronvi el Taddeo.

Il contratto con il Verrocchio prevedeva espressamente che la palla fosse costruita d'otto pezzi. Per comprare il rame migliore, che veniva da Cipro o dall'Europa centrale, l'artista soggiornò alcuni mesi a Venezia, attendendo l'arrivo del carico giusto. Sei pezzi di rame furono poi inviati a Firenze su un carro, via Bologna, nell'agosto del 1469 e gli altri due in ottobre. Issata la palla sulla cima e, con essa la croce, tutto andò bene fino al 5 aprile 1492, quando una saetta mandò giù più ch'el terzo della lanterna.

Siamo tornati all’inizio, dove l’intervento magico-religioso prende corpo, ma lasciamo parlare la storia…


RESTAURO DELLA LANTERNA ROVINATA DAL FULMINE NEL 1601.
A) — CARTEGGIO DEGLI OPERAE CON LA CORTE.

363. a) — // Granduca al cavalier Vincenzio Giugni, in Firenze.
DON FERDINANDO
Gran Duca di Toscana.
Molto magnifico nostro dilettissimo. Dalla lettera che havete scritto
per cornero espresso al Prior Pignatta, habbiamo inteso il miserabile
accidente avvenuto alla Cupola di Santa Maria del Fiore. E se bene la
nuova è stata dolorosa, nondimeno anche queste son necessario di sapersi,
e quel che procede dal cielo bisogna che gli huomini il prendano
in pazienza. Hora per dar ordine a quel rimedio che ci si può presentemente
applicare, vogliamo che voi, insieme con Donato dell’Antella,
facciate subito chiamare Bernardo Buontalenti, se egli sarà in termine
da uscir fuora, e Gherardo, e ‘l Bronzino, i quali visitando diligentemente
tutta la rovina, discorrino tra loro, e piglino appuntamento e
regola del modo di risarcirla, secondo l’ architettura e la forma giusta
di prima, senza entrare in riformare né alterar cosa alcuna né poco né
molto. E come questi architetti et ingegneri havranno risoluto concordemente
quello che parrà lor di fare, ordinate che lo mettino in carta,
e mandatelo a noi, acciochè possiamo risolverci, et ordinarvi l’ esecu-
zione: ma se Bernardo non possa trovarsi fuor di casa a questi consigli,
dite agli altri due che gli comunichino di mano in mano il tutto, e
piglino il suo parere. E quando essi non habbiano nella memoria il disegno
vecchio della Lanterna desolata, usate diligenza tra tutti gli architetti,
scultori e pittori, e Inumimi di disegno che sono in Fiorenza,
perchè non può essere, che appresso a qualcun di loro non si trovi chi
per particular curiosità dubbia levato la pianta, e ridotto in disegno o
modello tutta la Cupola con le sue misure giuste, acciochè ella si possa
ridurre nel pristino stato puntualissimamente.

B) — itAppoim DELL’ARCHITETTO E DE’ MAESTRI AGLI OPERAI E DEPUTATI.
367. N° 1.

A dì 29 genaio 1600.
Chonforme a che chomanda S. A. S.ma, siamo stati sulla Qupola di
S.ta Maria del Fiore, messer Alesandro Bronzini Allori et io Gerardo
Mechini, in chonpagnia de’ chiarissimi signori il signor Vincenzio Gugni
et il signore Donato dell’Amelia, per vedere la rovina chausata, la
notte delli 27 del presente, della perghamena e Lanterna di essa Qupola,
dalla saetta.
Dove montati sino sul piano di essa Lanterna tutti insieme, e di lì
benisimo visto e chonsiderato quantto intorno a tal fatto era da chonsi-
derare…(“La Cupola di Santa Maria del Fiore illustrata”, Cesare Guasta, ed. Barbera Bianchi f.c., Firenze 1857, archivi dell’Opera del Duomo, Harvard University Library).

 


Come raccontano le carte dell’Opera del Duomo, già dal 1492 la cupola del Duomo inizia ad essere colpita dai fulmini.
Ma nel 1601 tra la notte tempestosa del 26 e 27 gennaio una saetta colpisce in pieno la palla di bronzo dorato e la sua croce opera del Verrocchio, la quale con tutta la sua massa (18 quintali) spaventosamente rotola giù dalla cupola portandosi dietro di sé pezzi di marmo della lanterna del Manetti e schiantandosi fortunatamente senza né uccidere né ferire nessuno, fece volare tutti i frammenti fino a metà di via de’ Servi, facendo accorrere la popolazione fiorentina in piazza del Duomo spaventata dal forte rumore causato da quella caduta.

 

Veduta dall'alto del centro storico di Firenze

 

 

Ferdinando II, Granduca di Firenze, immediatamente, cercò di mettere mano all’opera di ricostruzione dai danni causati dalla saetta, non solo facendo chiamare i più grandi architetti fiorentini, come si vede dagli antichi documenti, ma cercando anche di ripararsi dalla maledizione dei fulmini mediante altre strade.
La palla con la croce fu restaurata e rimessa al suo posto nel 1602 come riportato dai documenti dell’”Opera del Duomo”:

C) — RESTAURAZIONE DELLA PALLA, NODO E CROCE.
373. a) — Informazione dell’Architetto.
Molto ill.ri et dig.mi Signori,
Questi a piè sotto scritti sono i nomi di quelli maestri orefici che,
secondo sono stato informato, sono periti nell’arte, da poter servire
nella restaurazione della Palla.
Maestro lacopo di Rocco, romano, orafo ;
Maestro Piero Donatini ;
Maestro Giovanni Garzi ;
Maestro Bartolommeo di Giovambatista Sogliani ;
Maestro Matteo d’Agostino Manetti, il quale dice essersi trovato
in Roma in compagnia di Battino Bologna, intorno alla Palla
di San Pietro ;
Maestro Piero Pagolini.
Alii quali maestri tutti insieme, et a ciascuno di per sé, ò narralo
l’ intenzione di Vostre Signorie molto illustre, che è di restaurare la
Palla, servendosi della vechia; li quali tutti si offeriscano di fare prontissimamente,
e con rispiarmo e vantaggio dell’Opera, come da essi
potranno mollo meglio intendere : né sopra di questo, non comandando,
mi occore altro. Di casa, li 15 d’aprile 1602.’.
Di Vostre Signorie molto illustre
serv.re affe.mo (cfr.)


Ma per difendersi dagli attacchi del demonio fatto saetta, come dicevamo prima, Ferdinando scelse la via religiosa.


380. h) — Reliquie collocate nella croce della Cupola.
Ser.mo sig.r mio.
Mi scrisse V. A., molti mesi fa, che desiderava Reliquie et Agnus Dei
benedette dalla S.tà di N. S.re, per metterle nella Cupula di Firenze per
difesa delle saette. Si è procurato havere Reliquie insigni, et per metterle
insieme c’è andato tempo, et varii accidenti hanno fatta differire
fino ad hora questa pia intentione di V. A. Finalmente sono state benedette
da S. Stà, et di poi accomodate in cassette dì piombo, serrate nel
modo che s’ hanno da mettere nella croce. L’ ho mandate, a Firenze; et
per non v’essere V. A., l’ho inviate a’miei ministri, acciò n’essequi-
schino quanto se n’ha da fare. Se s’è tardato tanto a mandarle, sappia
die non è proceduto da me; il quale non ho maggiore desiderio et obbligo che di servirla sempre ; massime in cose che sono in benefitio di
cotesta chiesa. Bacio le mani a V. A., et per fine le prego dal S.or Iddio
ogni felicità. Di Roma, li xiiij d’aprile 1603.
Di V. A. ser.ma
hum.mo et obligat.mo s.ior


IL CARD.le DI FIRENZE.
Al serenissimo signor mio
il Granduca di Toscana.
(Dal n° 363 al n° 3SO, sono estratti da una filza segnata di n° VI, e intitolata: Restaurazione
della Lanterna della Cupola, an. 1600 e seg.)
381 . i) — Voto d’ una messa da cantarsi nel giorno anniversario.
An. 1601, a’ 19 dicembre.
Item, deliberorno ch’ ogn’ anno in perpetuo la notte delli 27 di gennaio,
che dell’anno 1600 cascò l’ultima saetta che rovinò parte della
Lanterna, gettò in terra la palla dorata et la Croce, et sfondò in più
parte li tetti et volte di essa chiesa ; et considerato che non volse Dio
che in così gran rovina facessi danno ad alcuna persona ; però, per rendimento
di gratie, deliberorno che in tal mattina, subito doppo il mattutino,
si celebrassino le tanìe con una messa cantata dello Spirito Santo,
et si distribuisca, a spese dell’Opera, lire otto alii preti che interverranno. — (L. D.
XVI, a e. 88.)

 


Quindi per volere del Granduca e dell’arcivescovo, nei bracci dorati si ricavarono due astucci di piombo. Dentro furono messi alcuni Agnus Dei - medaglioni di cera con l’immagine dell’Agnello, benedetti nella settimana di Pasqua - e reliquie di santi. Dovevano proteggere la cattedrale dalle folgori: così affermavano le iscrizioni latine sugli astucci.
La rovinosa caduta della palla fu cagione di tanto spavento che la Repubblica fiorentina decise di indicare con un tondo bianco di marmo, ad eterno ricordo, il punto esatto dove la palla di bronzo si schiantò a terra sul selciato che si trova dietro il duomo di fronte a via dell’Oriuolo.

Il tondo di marmo bianco

 

Come sempre, buona ricerca!!!!!!

Autore: Gianni Mafucci


 
Firenze e la Toscana segrete, curiosità, storia, luoghi insoliti da visitare, angoli nascosti e storie poco conosciute. Articoli originali scritti e documentati, per vivere itinerari fuori dal comune in una delle città più belle al mondo e in una regione tutta da scoprire, al di là delle rotte più convenzionali.