Poggio S.Cecilia: Un borgo disabitato Stampa

Sono sempre stato un amante delle terme e quelle di Rapolano trovandosi vicino alle mie zone rappresentano per me una sorta di meta fissa. Antiche terme romane, divise in due stabilimenti, uno chiamato l’ “Antica Querciolaia”, l’altro “San Giovanni”; tutte e due gli stabilimenti offrono numerosi servizi per una vacanza da sogno, immersi in un paesaggio mozzafiato, tra ulivi e dolcissime colline senesi.

Sono da provare, oltre le rilassanti acque solforose, i molteplici massaggi offerti all’interno dei due stabilimenti (se ne volete sapere di più consultate il Link di Rapolano Terme all’interno del nostro sito).

Dallo stabilimento dell’Antica Querciolaia, stabilimento termale che si trova a poche centinaia di metri dall’inizio del paese sulla sinistra, parte una strada bianca che unisce queste antiche terme ad un paesino medioevale magico, Poggio Santa Cecilia, già detto in Ferrata.

Questo piccolo borgo situato su una verdeggiante collina rappresenta una sorpresa per l’ignaro visitatore, abituato oramai a combattere con il caotico e rumoroso turismo, dove la calca la fa da padrona. Ebbene qui, in questo luogo incantato ricco di storia vi troverete davanti ad una situazione davvero molto particolare, oggi infatti Poggio Santa Cecilia è un luogo fantasma, completamente disabitato.

 

Questo però non vuol dire che vi troverete di fronte a delle rovine, no, carissimi amici, il paese è quasi completamente intatto e presenta numerose costruzioni di antica fattura, di una bellezza paralizzante; un luogo che adesso sapete che esiste e, se avrete la voglia di andare a vedere, sicuramente sarete voi e la storia racchiusa in quelle solitarie mura ad animare per un attimo l’antico borgo.

Poggio Santa Cecilia, si tratta di un castello poco conosciuto: difficile da decifrarne l’origine, anche se alcuni ritrovamenti rivelano persistentemente un’origine etrusca; comunque, i primi documenti che indicano il sito sono anteriori al XII secolo.

Lo storico Repetti nel suo meraviglioso viaggio attraverso tutti i paesi toscani riporta:

 

Poggio S. Cecilia, già detto in Ferrata è posto sulla foce de’ poggi che separano la Val di Chiana da quella dell’Ombrone sanese sopra la strada antica di Lucignano. Fu battuto e combattuto spesse volte dai fiorentini contro i Sanesi, ed ancora gli Aretini, dai quali ultimi il Castello del Poggio S.Cecilia , dopo 5 mesi d’assedio, nel 1285 fu conquistato e tosto dai fondamenti disfatte le sue fortificazioni.

 

Il Repetti accenna ad un avvenimento che si è rivelato importante per gli studi danteschi: nell’autunno del 1285, quando il giovane Dante aveva 20 anni e si era appena sposato con Gemma Donati, Arezzo, guidata dall’indomabile vescovo Guglielmino degli Umbertini riuscì nell’intento di fare insorgere il popolo di Poggio S. Cecilia ed a inviare per sostenerlo numerose truppe.

 

 

 

Il borgo faceva parte dei possedimenti della Repubblica di Siena, che in quel periodo era alleata di Firenze; Siena pose l’assedio al borgo il 27 ottobre, chiedendo rinforzi alla Repubblica Gigliata.

Un mese dopo l’inizio dell’assedio, Firenze inviò la cavalleria comandata da Guido di Montfort, condottiero inglese e vicario per la Toscana di Carlo D’Angiò, il quale riuscì a conquistare la cittadina insieme ai senesi tra il 7 e l’8 aprile del 1286. La sconfitta del borgo portò alla distruzione del castello e all’uccisione di moltissimi popolani, come riporta lo stesso Giovanni Villani nella sua “Cronica”:

 

Per la qual cosa il Comune di Siena colla forza de’ Fiorentini, che vi cavalcò molta buona gente cittadini di Firenze, e la taglia de’ Guelfi di Toscana, ond’era capitano il conte Guido di Manforte, v’andarono ad oste, faccendovi gittare dentro molti difici, e durovvi l’assedio più di V mesi. E raunado il detto vescovo sua oste di tutta parte ghibellina di Toscana per levare il detto assedio, non ebbe podere, però che-lla parte de’ Guelfi erano più possenti; per la qual cosa quegli del castello avendo perduta la speranza del soccorso, n’uscirono la notte di sabato d’ulivo del mese di aprile, e molti ne furono morti e presi, e quegli che furono menati in Siena, furono chi impiccato e chi tagliato il capo, e ‘l castello fu disfatto insino alle fondamenta.

Dicevamo importante per la ricostruzione del periodo giovanile di Dante, perché alcuni studiosi sono concordi nel ritenere possibile la presenza dello stesso Poeta nella cavalleria fiorentina guidata dal Montfort, rifacendosi ad un passo della “Vita Nuova”(IX, 1-2):

 

Appresso la morte di questa donna (amica di Beatrice) alquanti die avvenne cosa per la quale me convenne partire de la sopraddetta cittade e ire verso quelle parti dov’era la gentil donna che ‘era stata mia difesa.

 

Dante, quindi, avrebbe fatto parte della cavalleria fiorentina, cosa che avvenne anche più tardi quando si trovò nella piana di Campaldino di fronte a tutta l’oste Ghibellina toscana nelle file dei fenditori a cavallo in difesa dello schieramento Guelfo.

 

 

 

Interessanti risultano inoltre le caratteristiche morfologiche del terreno attorno al borgo, che possono aver ispirato il nostro Poeta fiorentino nel rappresentare il mefitico inferno nella sua Divina Commedia: infatti sotto il Poggio S. Cecilia dove erano riunite, molto probabilmente, le truppe fiorentine e senesi in assedio, avviene un fenomeno che viene denominato “ terreno che bolle”, causato da fuoriuscite di anidride solforosa che creano, quando piove, una sorta di fango bollente, catapultandoci in uno scenario paurosamente simile a quello descritto dallo stesso Dante nel VII canto dell’Inferno, nella rappresentazione della palude Stigia, infatti, non ci dobbiamo dimenticare che la zona presa da noi in esame era a quei tempi circondata da una grande palude quella della Valdichiana:

Noi ricidemmo il cerchio a l'altra riva
sovr'una fonte che bolle e riversa
per un fossato che da lei deriva

L'acqua era buia assai più che persa;
e noi, in compagnia de l'onde bige,
intrammo giù per una via diversa

In la palude va c'ha nome Stige
questo tristo ruscel, quand'è disceso
al piè de le maligne piagge grige.

Dante non fu l’unico grande personaggio italiano ad aver frequentato Poggio Santa Cecilia, l’altro fu Giuseppe Garibaldi, il quale scelse proprio le terme della Querciolaia per guarire dalla ferita ricevuta in Aspromonte, avvenimento raccontato molto bene nel libro intitolato “La ferita di Garibaldi ad Aspromonte” a cura di Gabriele Paolini:

“No, fermi. Non fate fuoco. Sono nostri fratelli». E invece i «fratelli» spararono, colpendo, il 29 agosto 1862, il generale Giuseppe Garibaldi, classe 1807, nativo di Nizza, di professione rivoluzionario. Il proiettile raggiunse l’Eroe dei Due Mondi al piede destro: «La palla — si legge nella prima relazione medica — è penetrata a tre linee al di sopra e al davanti del malleolo interno: la ferita ha una figura triangolare a lembi lacerocontusi del diametro di mezzo pollice circa. Alla parte opposta, mezzo pollice circa al davanti del malleolo esterno, si avverte un gonfiore che sotto il tatto è resistente...». Il fattaccio avviene alle quattro del pomeriggio, sul massiccio dell’Aspromonte. Ma non solo il Generale paga un doloroso dazio: sul campo rimangono sette morti tra le fila garibaldine e cinque tra i soldati dell’esercito piemontese che, sotto la guida del colonnello Emilio Pallavicini di Priola, hanno avuto l’ordine dal governo italiano di fermare, costi quel costi ma con le dovute cautele (in fondo, Garibaldi aveva “regalato” l’intero Sud a Vittorio Emanuele II solo due anni prima...), i volontari in camicia rossa che volevano avvicinarsi un po’ troppo a Roma.

Garibaldi arrivò a Poggio Santa Cecilia in treno da Siena il 14 Agosto del 1867 e qui rimase 10 giorni, fino al 24.

 

 

 

Si racconta che per curarsi il piede si face trasportare da una carrozza tutti i giorni alle “Terme Querciolaie”, accompagnato dai figli, e conoscendo personalmente le proprietà curative di quelle terme non stento a credere che avesse veramente giovato al nostro eroe nazionale quel tranquillo soggiorno terapeutico.

Nel borgo viene ricordata la presenza di Garibaldi da una targa che riporta:

 

Di cotanto nome/ Pietro Leopoldo Buoninsegni/ questa nuova piazza/ diceva/ per ricordare ai venturi/ la dimora fatta in questa casa/ dall’eroe dei due mondi/ nel luglio MDCCCLXVIII / onde attenuare le/ nelle prossime terme rapolanesi / lo scempio di Aspromonte.

 

 

La lapide anticipa in maniera erronea il soggiorno di un mese.

Nel paese si entra attraverso la porta medioevale, che riporta in alto l’insegne dei Tadini-Buoninsegni e della balzana senese. E’ possibile vedere all’interno del borgo la bellissima dimora signorile dei conti Tadini-Buoninsegni, le antiche botteghe medioevali dei falegnami e dei fabbri e l’interessante chiesa di Santa Cecilia, dove è possibile osservare alcuni affreschi miracolosamente ancora visibili, vista l’incuria riservata a questo edificio.

Se vi trovate in zona, andate a vedere questo angolo toscano particolare, dove potrete unire il relax fornito dagli stabilimenti termali di Rapolano forniti di tutti i comfort ad una gita in un borgo fantasma, posto in un meraviglioso colle alberato con una visuale sulle crete senesi straordinaria.

 

 

 

Chi volesse fare una bella camminata, si potrà avventurare alla scoperta dell’antico santuario di S. Maria in Ferrata, che si trova facilmente seguendo, appena iniziata la salita, per Poggio Santa Cecilia, l’indicazione a sinistra della salita è per il “Podere la Palazzetta”, seguendo questo sentiero a circa 200 metri troverete l’antica chiesetta costruita sopra un precedente edificio di culto paleocristiano, un tempo luogo di pellegrinaggio, oggetto di devozione per i miracoli fatti da una immagine della madonna che ivi si trova.

 

 

 

Siete ancora qui? Partite immediatamente per questa bellissima avventura. Aspettate!! C’è un ultimo consiglio culinario, fate un salto all’enoteca di Armaiolo paesino medioevale a 1Km da Rapolano, che offre una vista incredibile e una scelta di affettati caserecci, formaggi ,verdure, vini e altre prelibatezze locali notevoli.

 

ATTENZIONE: Ci comunicano che al momento (aprile 2012) il Poggio è chiuso ai visitatori mediante un cancello lucchettato. Non sappiamo se e quando ne verrà consentito l'accesso. Un ringraziamento a Paolo per la segnalazione.

 

Autore: Gianni Mafucci