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San Leo: …ma qui convien ch’om voli Stampa E-mail


Questo articolo racconta di un borgo arroccato su di una roccia imponente, da sempre utilizzato, per la sua naturale propensione geologica, come arcigno baluardo difensivo.

Per incontrare i suoi primi abitanti dobbiamo risalire agli Umbro-Sabelli, popolazioni di ceppo indoeuropeo, trasferitesi in Italia dall'Europa Orientale e Centrale in varie ondate migratorie. Questi poi si lasciarono assorbire dall’invasione dei Galli, i quali a loro volta furono sconfitti e cacciati dai Romani.

L’antico borgo posa su di una roccia di forma romboidale, di formazione calcareo-arenacea, risultato finale delle trasformazioni causate dalle principali fasi tettoniche che hanno portato alla costituzione dell’Appennino Settentrionale.

Questo antichissimo avamposto umano celebra, con la sua inerpicata posizione, non solo una storia di guerra, ma anche di religione; le alture nel passato, proprio per la loro caratteristica di inaccessibilità, erano votate alla sacralità, al divino, luoghi dove gli dei si ritrovavano e decidevano le sorti dell’umanità, delle vere e proprie abitazioni, che nel tempo si trasformeranno in bellissimi templi, come d’altronde avvenne nella stessa altura di San Leo.

 

 

Ingresso della Cattedrale di San Leo

Infatti in vetta all’aspra rupe fu eretto un tempio dedicato a Giove Feretrio, dedica che dette il nome antico Mons Feretri o Montefeltro a quei boscosi luoghi di confine posti tra le montagne della Toscana, Romagna e Marche, un triangolo magico fatto di sapori (tartufi bianchi e neri, funghi e selvaggina), profumi e vetuste storie che incantano e stupiscono ancora.

 

San Leo

 

 

Dell’esistenza di questo affascinante luogo, ne ho appreso l’esistenza durante una visita all’interno del Palazzo Vecchio.

Mentre vagavo nelle stanze dell’edificio, nella prima sala dell’appartamento di Leone X, secondogenito di Lorenzo il Magnifico, diventato papa nel 1513, mi sono soffermato ad osservare alcuni dipinti raffiguranti gli avvenimenti più significativi della vita del Papa toscano, come: L’ingresso trionfale di Leone X, oppure, Leone X elegge numerosi cardinali.

Un affresco opera del Vasari, rappresentava "La battaglia di San Leo", sinceramente a me fino ad allora ignota; ma quella rocca così possente, in vetta ad una roccia piena di strapiombi, immersa in un mare verde di vegetazione, inarrivabile, aveva colpito la mia immaginazione e da curioso come sono, ho interrogato i mie compagni fedeli, i libri, che mi hanno svelato la storia ed il paesaggio misterioso ed antico di questo luogo.

 

 

 

Poi la fortuna di avere moglie ed amici romagnoli ha fatto scattare il passo successivo, la visita reale al paese di San Leo.

Per godervi a pieno la visita, lasciate l’auto al primo parcheggio che si trova poco prima dell’ultima salita che porta al paese (vistosamente segnalato) ed a piedi godetevi questo incantevole paesaggio.

 

L'unica strada d'accesso a San Leo

 

 

Infatti la stradina medioevale che porta al borgo vi permetterà a destra di vedere l’impressionante roccia che tiene l’intero insediamento e la fortezza sospesa nel cielo ed a sinistra l’occasione rara di poter osservare da un luogo così favorevole l’intera valle circostante: gentili colline costellate da vette rocciose improvvise, che nascondono altre antiche storie, altri borghi misteriosi, tutti da scoprire, da visitare.

 

Veduta da San Leo

 

 

Arrivando alla porta del paese sulla destra, aguzzando la vista, potrete vedere la prima traccia che lega questo luogo alla Toscana: una targa che riporta dei versi danteschi, dove il tosco poeta racconta di una sua visita alla rocca di San Leo, descrivendo, con una delle sue umanissime similitudini che hanno reso la Divina Commedia immortale, la paura nell’affrontare proprio quella salita che avrete fatto anche voi quando arriverete all’ingresso della porta del borgo. Le terzine recitano così:

 

Vassi in San Leo ... ; ma qui convien ch’om voli...

Noi salivam per entro ‘l sasso rotto,

e d’ogne lato ne stringea lo stremo,

e piedi e man volea il suol di sotto.

 

Targa con i versi di Dante

 

 

L’antico nome di San Leo si deve a San Leone, il quale giunse dalla Damalzia all’incirca verso il III sec. d.C, con lo scopo di diffondere il cristianesimo nelle terre del Montefeltro.

San Leone, fino alla morte, avvenuta il 1° agosto del 360, si prodigò assiduamente nella conversione al cristianesimo di tutte le popolazioni che abitavano quelle montagne, questa perseveranza lo fece considerare da quei popoli come il primo vescovo del Montefeltro, anche se in realtà la creazione ufficiale della Diocesi avvenne nell’826.

Il suo corpo venne deposto all’interno di un sarcofago nella cattedrale a lui dedicata, San Leone; del sarcofago è rimasto nel Duomo solo il coperchio (dove è ancora possibile leggere la datazione del VI secolo), ancora visibile nell’abside della cripta.

 

Cominciamo a vedere i monumenti che caratterizzano il borgo:

· Appena entrati nel paese la strada lastricata indirizza il viaggiatore verso la piazza centrale di San Leo. A 50 metri dall’inizio di questa via medioevale che corre come un serpente all’interno dell’abitato, sulla sinistra si trova il primo monumento importante, il Palazzo Della Rovere, fatto costruire nel ‘600 da Francesco Maria II della Rovere. Il palazzo, adesso municipio di San Leo, è caratterizzato da una facciata tardo cinquecentesca, in arenaria come la maggior parte delle costruzioni presenti nel borgo. L’edificio presenta molti punti in comune con lo stile toscano dell’epoca(possente portale bugnato, finestre caratterizzate da frontoni di stile manieristico toscano e l’ampia tettoia che circonda il palazzo, tipica caratteristica degli edifici toscani, come si può osservare nel Palazzo Medici sempre a San Leo.

 

Palazzo della Rovere

 

 

· Continuando la visita seguendo sempre la via maestra, arriviamo alla piazza, dedicata a Dante Alighieri, di fronte alla fontana della piazza è possibile ammirare il Palazzo Mediceo, costruito tra il 1517 e il 1523, come residenza del governatore del Montefeltro, carica istituita dalla Repubblica Fiorentina, dopo la vittoriosa “Battaglia di San Leo”, celebrata nell'affresco vasariano, che si trova all’interno della sala dedicata a Leone X, nel Palazzo Vecchio.

 

Palazzo Mediceo

 

 

La storia ci racconta come dopo la fine della dinastia dei Montefeltro, conti di Urbino già dal 1226, per nomina imperiale (donazione di Federico Secondo della contea di Urbino a Bonconte e Taddeo di Montefeltro), si scatenò la corsa alla conquista del Ducato (nel frattempo la contea di Urbino era diventa ducato), inizialmente retto dal nipote dell’ultimo esponente della dinastia dei Montefeltro, Guidobaldo (1508), e dopo la sua morte da Francesco Maria I della Rovere, sostenuto dall’allora papa Giulio II della Rovere. Ma alla morte di Giulio II, salì al soglio pontificio Giovanni di Lorenzo de’ Medici nel 1513, il quale, per punire il Della Rovere per il mancato sostegno durante la battaglia di Marigliano contro la Francia dell’ambizioso re Francesco I, che, rivendicando il ducato di Milano per le sue presunte parentele con i Visconti, scese in Italia, decise di togliergli il ducato di Urbino e mettere al suo posto un uomo a lui fidato, Lorenzo dei Medici suo nipote. Questi con numerose armate assediò San Leo e nel 1516 riuscì dopo mesi a conquistare la potente rocca; fatto interessante è che al seguito delle truppe medicee si trovava uno storico con i fiocchi, Francesco Guicciardini, il quale ovviamente riportò con magistrale esattezza gli avvenimenti di quella impresa militare.

 

Il racconto del Guicciardini è riportato nel Libro.12, cap.21 della sua “Storia d’Italia:

 

Intorno a San Leo furno messi duemila fanti che lo tenessino assediato, perché per il sito suo fortissimo niuna speranza vi era di ottenerlo se non per l'ultima necessità della fame; e nondimeno, tre mesi poi, fu preso furtivamente per invenzione maravigliosa di uno maestro di legname il quale, salito una notte per una lunghissima scala sopra uno dirupato che era riputato il piú difficile di quel monte, e fatta portare via la scala, dimorato in quel luogo tutta la notte, cominciò, subito che apparí il dí, a salire con certi ferramenti, tanto che si condusse insino alla sommità del monte; donde scendendo, e con gli instrumenti di ferro facilitando alcuni de' luoghi piú difficili, la notte seguente, per la medesima scala, se ne ritornò agli alloggiamenti: dove fatto fede potersi salire, ritornò la notte deputata per la medesima scala, seguitandolo cento cinquanta fanti de' piú eletti; co' quali fermatosi in sul dirupato, come fu l'alba del dí, perché era impossibile salire di notte piú alto, cominciorno per quegli luoghi strettissimi a salire uno a uno. Ed erano già montati alla sommità del monte circa trenta di loro con uno tamburino e con sei insegne, e occultatisi in terra aspettavano i compagni che montavano; ma essendo dí alto, una guardia che partiva dal luogo suo gli vidde cosí prostrati in terra, e avendo levato il romore, essi vedutisi scoperti, non aspettati altrimenti i compagni, dettono il cenno come erano convenuti a quegli del campo: i quali, secondo l'ordine dato, assaltorono subito con molte scale il monte da molte parti, per divertire quegli di dentro. I quali, correndo ciascuno a' luoghi ordinati spaventati per vedere già dentro sei insegne che scorrevano il piano del monte e avevano morto qualcuno di loro, si rinchiusono nella fortezza, che è murata nel monte: dove essendo già saliti degli altri dopo i primi, apersono la porta per la quale si entrava in sul monte; per la quale entrati gli altri che ancora non erano saliti, e cosí preso il monte, quegli che erano nella rocca, benché la fusse bene proveduta di ogni cosa, si arrenderono il secondo dí. Acquistato con l'armi quello stato, che insieme con Pesero e Sinigaglia, membri separati dal ducato di Urbino, non era di entrata di piú di venticinquemila ducati, Leone, seguitando il processo cominciato, ne privò per sentenza Francesco Maria, e di poi ne investí nel concistorio Lorenzo suo nipote; aggiugnendo, per maggiore validità, alla bolla espedita sopra questo atto la soscrizione della propria mano di tutti i cardinali.

 

Il Palazzo Mediceo segue lo stile rinascimentale toscano dei palazzi fiorentini del tempo, con portale bugnato, facciata in pietra con stemma (lo stemma posto sulla facciata del palazzo rappresenta il giglio fiorentino con la data del 1521) e tetto a spiovente. Al piano superiore è stata allestito il Museo d’Arte Sacra, per salvaguardare le opere d’arte prima contenute negli edifici religiosi.

 

· Dalla piazza centrale possiamo ammirare sulla destra una meravigliosa costruzione sacra, la Pieve di Santa Maria Assunta, la quale rappresenta il più antico monumento religioso non solo di San Leo, ma dell’intero Montefeltro. Fu sicuramente uno dei primi baluardi pionieristici del cristianesimo nell’entroterra montefeltrino, la cui costruzione viene fatta risalire all’opera diretta di San Leone, di cui si narra esercitasse proprio la professione di tagliapietre, ed in effetti se osserviamo attentamente la costruzione sembra apparire come un nave arenata su uno scoglio, poiché le fondamenta della Pieve formano un insieme costante con le rocce sporgenti del masso sopra cui è stata edificata. Sembra richiamare alcuni versi del poeta tedesco G. Trakl (Lamento):

Sorella della mia tempestosa tristezza,

guarda, un battello spaurito sprofonda sotto le stelle,

di fronte al tacito volto della notte.

 

Pieve di San Leo

 

Un antico vascello a cavallo di un massiccio scoglio, incagliato, solitario, nel buio della notte, dall’alto della vetta di San Leo abbraccia il manto stellato del cielo.

La struttura della pieve è costruita su pianta basilicale, a tre navate. Si accede alla chiesa mediante due portali posti nelle pareti laterali dell’edificio, sotto le navate trovano posto due ambienti sottostanti, una cripta ed il “Sacello di San Leoneche richiama la forma di un abside scavata direttamente nella roccia sottostante.

All’interno del sacello si può osservare riutilizzato come cornice di una monofora con stipite svasato, il frontale di un sarcofago, raffigurante due pavoni che stanno bevendo al cantaro (era una coppa per bere caratterizzata da due alte anse che si estendono in altezza oltre l'orlo. Questa forma fu ripresa dai Romani e usata anche per le vasche da abluzione nell'atrio delle basiliche paleocristiane), questa rappresenta la più antica testimonianza scultorea dell’edificio, all’incirca risalente al secolo VII d.C.

All’interno, dotato di un impianto longitudinale, troviamo le tre navate divise da due file di sei colonne, per un totale di dodici, simbolo dei dodici apostoli che sorreggono la cristianità.

Le colonne ed i quattro capitelli corinzi sono di origine romana, già in uso in altre costruzioni sono state poi riutilizzate nella pieve.

L’abside centrale ingloba quasi per intero lo spazio del presbiterio, dove è possibile osservare un stupendo ciborio datato 882, con scolpita una dedica fatta incidere dal Duca Orso alla Madonna.

 

· La ricchezza di monumenti così antichi e strutturalmente intatti rende il visitatore frastornato, sembra che qui il tempo abbia avuto non un occhio ma ben due occhi di riguardo per il patrimonio artistico di questo luogo, infatti a destra della pieve, appena 40 m più avanti, possiamo ammirare la Cattedrale di San Leone.

 

Cattedrale di San Leone

 

 

Anch’essa poggia le sue fondamenta sulla roccia di San Leo, già esistente come tempio dedicato a divinità pagane da immemorabile tempo. L’attuale edificio di stile romanico-lombardo sorge sull’antico Duomo altomedioevale, costruito all’incirca verso il VII sec.

 

Particolare della bifora sulla parete della Cattedrale

 

 

Anche la cattedrale come l’antica pieve non possiede un entrata in facciata, ma un portale laterale sormontato da due busti raffiguranti San Leone e il vescovo Valfrerus che fece restaurare il tempio, sculture che risalgono all’antica chiesa, come del resto altri frammenti scultorei riutilizzati nella nuova cattedrale come:

 

- I due leoni alati dell’antico fonte battesimale che sostengono una colonna della navata, dalla parte dove è ancora visibile le fondamenta rocciose su cui poggia la Cattedrale di san Leone.

 

Leoni alati

 

- I due capitelli corinzi all’interno del presbiterio, sono di origine romana, come le colonne di marmo venato che li sostengono.

Colonna della cattedrale

 

- All’interno della cripta, posta sotto il presbiterio, troviamo le tombe delle illustri famiglie di San Leo, come per esempio quella dei Nardini. La cripta rappresenta la struttura più antica della Cattedrale e contiene alcune reliquie di San Leone e soprattutto è visibile il coperchio del sarcofago del Santo risalente al secolo V; tipico sarcofago romano, si presenta a due spioventi con figure decorative agli angoli (acroteri).

 

Sarcofago di San Leone

 

 

Lo spiovente anteriore porta scolpita questa incisione: San Leo prete qui pellegrino Mentre vissi questo amai questo dissi questo scrissi Tutti ringraziamo sempre il Signore Il Signore ringraziamoLo sempre ringraziamoLo Questo è il mio riposo per l’Eternità Qui abiterò perché l’ho eletto Pregate Pregate sempre il Signore pregate sempre il Signore.

Di notevole importanza sono le decorazioni a basso rilievo che si trovano nei capitelli, di carattere simbolico. Di questa iconografia paleocristiana ne dà un’accurata descrizione lo studioso Ugo Gorrieri nel suo splendido libro San Leo città d’arte. Le chiese romaniche(1996 Maggioli Editore):

 

Si tratta di animali facenti parte del cosiddetto bestiario cristiano, simboleggianti generalmente i vizi e le virtù. Si notano pure il classico pesce, simbolo di Cristo, varie stilizzazioni del biblico Albero della Vita, come pure figure di uomini e di donne esaltanti l'attività umana. Emergono fra le altre, per dimensioni e collocazione particolare, telamoni e cariatidi (figura di uomo e di donna) che si contrappongono simmetricamente nel centro della navata e del presbiterio.

 

 

 

 

 

 

La loro espressione patetica, schiacciati dal peso della semi-colonna sovrastante, significante forse il peso dell'esistenza su questa terra, doveva “comunicare ai fedeli la dottrina ascetica della fugacità della vita umana e della conseguente necessità della lotta contro il male cui dà conforto la fede nella Redenzione” (D'Ancona). L'utilizzo di rocchi di colonne romane di marmo, di cui quattro, con magnifici capitelli corinzi, si alternano ai pilastri nelle navate e nel presbiterio, testimonia della venerazione della classicità cui i maestri costruttori del tempo, forse Comacini, intendevano ispirarsi­. Questi frammenti più antichi, inseriti senza un ordine preciso nelle due chiese, testimoniano l'esistenza in loco di edifici di epoca romana.

 

Lato della Cattedrale che poggia sulla roccia del Monte Guardia

 

 

 

· Continuando la nostra visita, tanto per non farci mancare niente, se giriamo alla destra della Cattedrale di San Leone, ci troviamo di fronte ad una meravigliosa Torre-campanile, con le sue murature esterne sempre composte dal quel giallo ocra della pietra arenaria, presente in tutti gli edifici che fino ad adesso abbiamo descritto. Intervellate da mattoncini rossi e pietre bianco-rosa, le pietre sono sistemate senza mostrare nessuna fuga tra pietra e pietra, trasformando la nostra torre in una sorta di unicità strutturale che la rende ancora più solida, massiccia.

 

Torre campanaria di San Leo

 

 

La torre è quadrata, alta all’incirca 30 m e larga 8 m, lo stile così come la vediamo adesso ha tutte le caratteristiche del gotico-romanico (XII-XIII sec.). La torre è visitabile e, se avrete la voglia e la fortuna di entrare vi accorgerete che dentro la struttura quadrata, ve ne è una più antica a forma cilindrica di origine alto-medioevale, come possiamo osservare in altri borghi lungo il fiume Marecchia (vedi monastero di Saiano a pochi chilometri da San Leo).

 

Struttura cilindrica interna alla torre

 

 

La roccia che fa da fondamento alla torre-campanile è chiamata “Monte Guardia a ribadire la sua connotazione difensiva.

 

Torre campanaria di San Leo

 

 

 

Per il momento è forse meglio fermarci qui, ma la nostra visita a San Leo proseguirà a breve e siamo sicuri che vi sorprenderà piacevolmente!

 

Dove si trova San Leo

 

 

Autore:Gianni Mafucci

 
Firenze e la Toscana segrete, curiosità, storia, luoghi insoliti da visitare, angoli nascosti e storie poco conosciute. Articoli originali scritti e documentati, per vivere itinerari fuori dal comune in una delle città più belle al mondo e in una regione tutta da scoprire, al di là delle rotte più convenzionali.

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